I primi anni di Carlo Ancelotti da allenatore
Carlo Ancelotti è sempre stato sinonimo di successo nel mondo del calcio. Che si trattasse della sua carriera da calciatore o di quella da allenatore, l'italiano ha fatto dell'eccellenza una costante, vincendo al massimo livello. Proprio per questo motivo è interessante ripercorrere i suoi esordi da allenatore, una fase che spesso riceve meno attenzione rispetto al resto della sua carriera.
Carriera da calciatore, nazionale e Reggiana
Ancelotti ha iniziato la sua carriera nelle serie minori del calcio italiano con il Parma, giocando talvolta anche da seconda punta. Era la fine degli anni '70, e dopo un paio di stagioni passò alla Roma nei primi anni '80, vincendo con i giallorossi il secondo Scudetto della loro storia nella stagione 1982/83. Con il tempo, divenne uno dei giocatori più amati della storia del club.Nel 1987 si trasferì al Milan, dove rimase per gli ultimi cinque anni della sua carriera, guidato principalmente da Arrigo Sacchi. Pur non avendo la fama di Marco van Basten o Ruud Gullit, Ancelotti fu un tassello fondamentale nel sistema di Sacchi, vincendo numerosi titoli tra cui due Coppe dei Campioni, nel 1989 e 1990.
Appena ritiratosi dal calcio giocato, divenne il vice di Sacchi nella nazionale italiana. Un'esperienza che funse da apprendistato e gli permise di imparare cosa significhi allenare. Fece parte dello staff che portò l'Italia alla finale del Mondiale del 1994 negli Stati Uniti, persa ai rigori contro il Brasile dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari. Lasciò la nazionale nel 1995 per intraprendere la sua carriera da primo allenatore.
Debuttò nella stagione 1995/96 con la Reggiana in Serie B, portando subito la squadra alla promozione in Serie A - ad oggi è ancora l'ultimo tecnico ad aver centrato questo traguardo con il club emiliano. Il suo bilancio fu di 17 vittorie, 14 pareggi e 10 sconfitte, numeri non straordinari ma sufficienti per ottenere la promozione in un'epoca in cui la Serie A era considerata la miglior lega al mondo.

Il ritorno a Parma
Va sottolineato che il Parma in cui Ancelotti aveva giocato a fine anni '70 era molto diverso da quello che ritrovò nel 1996 come allenatore. Dopo l'ottimo esordio con la Reggiana, fu proprio il club che lo aveva lanciato da calciatore a dargli fiducia per guidare la squadra in Serie A. Nel frattempo, sotto la guida di Nevio Scala, il Parma aveva vissuto un periodo d'oro vincendo, tra le altre cose, la Coppa Italia (1992), la Coppa delle Coppe (1993), la Supercoppa Europea (1993), la Coppa UEFA (1994) e la Supercoppa Italiana (1995).Per Ancelotti fu la prima vera esperienza con pressioni importanti, e i risultati furono misti. Può sembrare strano oggi, ma all'epoca l'italiano era considerato un tecnico piuttosto rigido dal punto di vista offensivo. Il suo 4-4-2 fisso non valorizzava al meglio il talento di giocatori come Gianfranco Zola e Hristo Stoichkov.
Entrambi furono ceduti nell'estate successiva, ma nella prima stagione Hernan Crespo ed Enrico Chiesa formarono una coppia d'attacco molto prolifica sotto la guida di Ancelotti. Il Parma chiuse al secondo posto in classifica, un risultato di grande valore considerando l'altissimo livello della Serie A di quegli anni. Fu anche il periodo in cui giovani come Gianluigi Buffon e Fabio Cannavaro iniziarono a imporsi ad alti livelli.
La seconda stagione, però, fu deludente. Il Parma venne eliminato al primo turno della Champions League e finì solo sesto in campionato. Ancelotti fu esonerato al termine della stagione 1997/98 - un'esperienza dura ma formativa per il proseguo della sua carriera.
Rientrò in panchina nel febbraio del 1999, alla guida della Juventus, ma quella è una fase della sua carriera che merita un approfondimento a parte, poiché fu segnata da molte difficoltà.
Conclusione
I primi anni della carriera da allenatore di Carlo Ancelotti furono, come spesso accade, un momento chiave per la sua crescita professionale. Fu in quel periodo che imparò cosa significhi davvero allenare ad alti livelli e quali sacrifici siano necessari, in particolare sul piano della flessibilità e della capacità di adattarsi ai giocatori a disposizione - un aspetto che all'inizio rappresentava per lui una sfida.Guardando indietro, si possono già intravedere i tratti distintivi del grande allenatore che sarebbe diventato, soprattutto nel modo in cui gestiva le aspettative dei club più ambiziosi. Si può affermare che la versione più completa del suo stile di gioco non si sarebbe vista prima dei suoi anni al Milan, ma queste esperienze furono decisive nel suo percorso di crescita.